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[…] Si parte dalle terrecotte ingobbiate dell’ultraottantenne Giuseppe Pirozzi, che destruttura composizioni all’apparenza figurative con grande rigore, ma senza rimpianti per l’ordine perduto. Dall’inizio degli anni Sessanta la sua attività artistica è stata sotto osservazione dei maggiori critici d’arte italiani, Lea Vergine, Luciano Caramel, Enrico Crispolti, Raffaello Causa, Luigi Carluccio, Filiberto Menna, Giuseppe Appella. Dal 2000 è Accademico Scultore dell’Accademia Nazionale di San Luca.

“Una volta approdato alla terracotta colorata, il racconto si svolge sempre per accumulo di elementi, come se la scultura fosse diventata un deposito in cui le immagini si stratificano e assumono la loro sostanza di memorie liberamente sovrapposte. Allo stesso tempo, poi, si chiarisce la natura grafica della scultura di Pirozzi, che in molti casi diventa quasi un disegno a rilievo, in cui la forma è avvinta fra l’essere inglobata o fuoriuscire dal piano. Crispolti parla di ‘una consistente ricorrenza combinatoria oggettuale’” (L.P. Nicoletti).

Non so se è così, ma c’è in Pirozzi una grande stratificazione di pensieri.